Scarica GRATIS il whitepaper su come finanziare la servitizzazione nella tua azienda
[em-pa-tì-a]
è il titolo della seconda pagina del nostro quaderno di Marketing Strategico. Nelle prossime righe vi presenteremo uno degli strumenti più famosi ed utilizzati per comprendere il cliente e metterlo (veramente) al centro dell’azienda: l’Empathy Map.
Ma facciamo un passo indietro…
Origine e significato del termine
La parola empatia deriva dal greco antico “εμπαθεία” ed è composta da due parole, “en” (dentro) e pathos (sentimento o sofferenza). Questo termine veniva utilizzato per indicare il rapporto emozionale di partecipazione che legava l’autore-cantore al suo pubblico.
In psicologia l’empatia indica la capacità di vedere il mondo attraverso gli occhi di un’altra persona, cercando di comprenderne affetti, pensieri ed emozioni in modo immediato e spesso senza ricorrere alla comunicazione verbale.
Questa abilità è considerata imprescindibile per essere e diventare un buon leader (si legga ad esempio l’articolo dello psicologo di Harvard Daniel Golman “What makes a great leader?”) e, ampliando il respiro, una “buona” azienda.
Il grande Henry Ford, già a inizio Novecento, sosteneva l’importanza dell’empatia: “se c’è un segreto del successo, sta nella capacità di capire il punto di vista dell’altra persona e vedere le cose dal suo punto di vista così come dal proprio”. Circa un secolo dopo, il CEO di Microsoft Satya Nadella ha dichiarato che “il nostro core business è legato ai bisogni dei clienti e non saremo in grado di soddisfarli se non abbiamo un profondo senso di empatia”.
L’Empathy Map: cos’è e perché si usa
L’Empathy Map è uno strumento di visual thinking ideato da Dave Gray, co-fondatore dello studio di consulenza strategica XPlane, da usare nello sviluppo di un prodotto/servizio per rappresentare cosa si conosce e si intuisce del nostro consumatore target.
Prima di proporre sul mercato una nuova offerta, qualsiasi azienda deve costruire l’identikit del cliente tipo per identificare nel modo più fedele possibile il proprio target di riferimento.
L’Emapthy Map viene in suo aiuto: questo canvas consente di creare in modo semplice e intuitivo un profilo del cliente, aiutando il gruppo di lavoro nel processo di immedesimazione con delle “domande guida”.
Utilizzandola in sinergia con altri strumenti quali buyer personas e ricerche di mercato, l’azienda può ottenere una comprensione del proprio target approfondita e dettagliata.
Si evidenzia come l’Empathy Map svolga un’altra importante funzione: rafforzare il business model dell’azienda. La miglior comprensione del cliente e di ciò per cui è veramente disposto a pagare permette di (ri)valutare e validare la Proposta di Valore, la definizione dei Segmenti di Clientela, dei Canali e degli altri blocchi del Business Model Canvas.
Quando si sviluppa l’offerta, l’Empathy Map è un ottimo alleato e punto di partenza per una successiva compilazione del Value Proposition Canvas, strumento utilizzato per delineare la Proposta di Valore (e di cui vi parleremo in futuro). Durante le sessioni di business modeling, prima di approcciare lo sviluppo del modello di business con strumenti più complessi, è indicato partire con il processo del “mettersi nei panni” del cliente con l’utilizzo dell’Empathy Map.
Dai risultati emersi dalla sua compilazione è possibile ricalibrare la Value Proposition per meglio rispondere alle esigenze, problemi e desideri dei segmenti di clienti individuati.
Vista la forte connessione fra i due strumenti di visual thinking, si consiglia di utilizzare post it dello stesso colore per i Pains e i Gains dei due canvas, in modo da creare dei collegamenti utili a identificare prodotti/servizi che rispondano meglio ai bisogni dei clienti target.
La struttura

Le Empathy Map sono composte da 6 sezioni:
- Think and Feel (pensa e sente): in questo blocco i partecipanti descrivono cosa pensa, sente e teme il cliente target, rispondendo alle seguenti domande chiave: “che cosa conta veramente per lui/lei?” e “quali sono le sue paure e aspirazioni?”
- Hear (ascolta): l’obiettivo di questa sezione è rispondere alle domanda “cosa gli/le dicono i suoi amici, la sua famiglia, il suo capo,…?”. I partecipanti devono quindi descrivere cosa sente il protagonista dalle persone che hanno un’influenza su di lui e attraverso che mezzi
- See (vede): in questa sezione i partecipanti descrivono cosa vede il cliente target nel suo ambiente, da chi è circondato, a che tipo di offerte è esposto e quali problemi deve affrontare
- Say and Do (dice e fa): i partecipanti provano ad immaginare come il protagonista si comporta in pubblico, quali sono le differenze tra quello che dice e quello che pensa, se influenza qualcuno e cosa potrebbe dire agli altri
- Pains (dolori): la sezione contiene le frustrazioni, i problemi e le paure del protagonista
- Gains (valori): in questo blocco i partecipanti immaginano e descrivono invece che cosa lo rende felice, le sue ambizioni e desideri.
La costruzione
L’Empathy Map è uno strumento collaborativo utilizzato durante un incontro al quale partecipa un gruppo di lavoro composto da figure appartenenti ai reparti chiave (marketing, vendite, R&S,…).
Il team può variare a seconda del particolare target da analizzare o dell’aspetto specifico da indagare.
All’inizio del workshop si chiarisce in quale contesto il protagonista da mappare deve essere analizzato e si assegnano i colori dei post-it a ciascuna sezione della mappa. Il canvas deve essere sufficientemente grande per raccogliere tutte le idee dei partecipanti e costruire una visione d’insieme.
A differenza del sistema delle Buyer Personas, che richiede la raccolta di numerosi dati quantitativi e qualitativi, l’Empathy Map si basa sulla capacità di immaginazione del gruppo di lavoro e sull’attitudine ad immedesimarsi con l’utente e la sua esperienza d’uso.
Tuttavia, sebbene i dati svolgano un ruolo secondario, è necessario raccogliere dati demoscopici, informazioni sui comportamenti offline e online e informazioni raccolte attraverso sondaggi e interviste, da condividere in anticipo con i partecipanti alla sessione di lavoro. Dando modo di prendere confidenza con queste informazioni, si favorisce l’elaborazione di idee preziose alla costruzione di un’immagine completa del cliente tipo.
Parallelamente allo strumento delle Buyer Personas, anche per le Empathy Map non esiste un numero prestabilito di “clienti tipo” da mappare. Si consiglia la costruzione di almeno due identikit, da aumentare a seconda delle specifiche esigenze dell’azienda (ad esempio opera in diverse nicchie di mercato).
La creazione di multiple Buyer Personas/clienti tipo è un processo che può essere lungo e impiegare numerose risorse ma la sua utilità è cruciale per costruire una strategia di successo a lungo termine. Per facilitare il processo è preferibile iniziare a mappare un cliente conosciuto e rappresentativo di un possibile segmento target mettendosi, appunto, nei suoi panni.
Alleniamoci all’empatia

Vi siete mai messi nei panni dei vostri clienti?
O, come direbbero gli inglesi, “camminato un miglio nelle loro scarpe?”.
L’empatia è un’abilità che può essere allenata e le occasioni non mancano nella vita di tutti i giorni. Se però volete provare qualcosa di veramente originale l’Empathy Museum di Londra è quello che fa per voi: questo museo itinerante offre ai visitatori la possibilità di indossare le scarpe di un’altra persona (un contadino, un banchiere, un rifugiato, una prostituta, un maratoneta…) e di ascoltarne la storia dall’audioguida mentre si passeggia lungo le rive del Tamigi.
Se Londra è un po’ lontana, potete farvi narrare queste storie dai comodi podcast di nove minuti (perfetti per la passeggiata in pausa pranzo) offerti dal canale Spotify “A Mile in My Shoes”.
Il “sentire” veramente l’altro richiede di abbandonare ogni preconcetto e affinare la nostra capacità di ascolto e, mentre scrivo ciò, non posso non raccontarvi della bellissima esperienza offerta dalla mostra/percorso “Dialogo nel Buio” allestita presso l’Istituto dei Ciechi di Milano.
Accompagnati da una guida con disabilità visiva, i visitatori percorrono un “viaggio” di un’ora in totale assenza di luce, passando per diverse ambientazioni della vita quotidiana e terminando l’esperienza bevendo un caffè al bar. L’obiettivo del percorso non è una simulazione della cecità, ma l’invito a sperimentare come la percezione della realtà e la comunicazione possano essere molto più profonde e intense in assenza della luce.
Vi salutiamo quindi con l’invito a noi tutti di allenarci a “un altro modo di vedere”.
Elisa Fabbro, Market analysis e business due diligence